Martedì 5 marzo 2019 alle ore 17,00, proseguono alla Fondazione Collegio San Carlo di Modena
(via San Carlo, 5) le lezioni del ciclo dedicato al tema Sacro.
L’esperienza simbolica del divino nelle tradizioni religiose ideato dal
Centro Studi Religiosi. Maria Bettetini presenta la conferenza dal
titolo "La sacralità dell’immagine nel cristianesimo antico e medievale.
Dibattiti culturali e conflitti teologici".
Maria Bettetini è docente di Estetica e filosofia delle immagini presso l’Università IULM di Milano e collaboratrice del “Domenicale” del Sole 24 Ore. Traduttrice e curatrice di diverse opere di Agostino d’Ippona, ha approfondito le radici dell’iconoclastia e lo statuto dell’immagine e della finzione nelle sue diverse forme, in chiave sia storica sia teorica. Più recentemente ha applicato gli esiti delle ricerche sull’iconoclastia all’attualità del terrorismo e dei conflitti in Medio Oriente. Tra i fondatori del Centro di ricerca interuniversitario sulle culture di genere, ha recentemente pubblicato: La bellezza e il peccato. Piccola scuola di filosofia (Milano 2015); Distruggere il passato. L’iconoclastia dall’Islam all’ISIS (Milano 2016).
Tradizionalmente si intende per idolatria l’adorazione d’immagini raffiguranti animali o altro. Di per sé non è idolatrico servirsi d’immagini simboliche della divinità; lo diventa se si adora l’immagine in sé, come se fosse lo stesso dio, ma anche la costruzione di cose, il «farsi come dio» nel voler dare la vita e la forma. Il platonismo e la religione cristiana hanno contribuito a dare all’immagine costruita da mano d’uomo un valore di sacralità, di privilegiato contatto con un mondo «altro». Le origini di questo pensare sono, paradossalmente, anche nelle immagini «non dipinte da mano d’uomo», cioè veli della Veronica o sindoni, che tanta importanza ebbero nei primi mille anni della nostra era. Se lo stesso Dio lasciava immagini di sé, perché non imitarlo? Conseguenza diretta di altra e ben più profonda considerazione: se lo stesso Dio si è reso visibile assumendo un vero corpo, perché non perpetuare la sua memoria e rinvigorire l’attesa del suo ritorno attraverso la pittura della sua immagine?
Maria Bettetini è docente di Estetica e filosofia delle immagini presso l’Università IULM di Milano e collaboratrice del “Domenicale” del Sole 24 Ore. Traduttrice e curatrice di diverse opere di Agostino d’Ippona, ha approfondito le radici dell’iconoclastia e lo statuto dell’immagine e della finzione nelle sue diverse forme, in chiave sia storica sia teorica. Più recentemente ha applicato gli esiti delle ricerche sull’iconoclastia all’attualità del terrorismo e dei conflitti in Medio Oriente. Tra i fondatori del Centro di ricerca interuniversitario sulle culture di genere, ha recentemente pubblicato: La bellezza e il peccato. Piccola scuola di filosofia (Milano 2015); Distruggere il passato. L’iconoclastia dall’Islam all’ISIS (Milano 2016).
Tradizionalmente si intende per idolatria l’adorazione d’immagini raffiguranti animali o altro. Di per sé non è idolatrico servirsi d’immagini simboliche della divinità; lo diventa se si adora l’immagine in sé, come se fosse lo stesso dio, ma anche la costruzione di cose, il «farsi come dio» nel voler dare la vita e la forma. Il platonismo e la religione cristiana hanno contribuito a dare all’immagine costruita da mano d’uomo un valore di sacralità, di privilegiato contatto con un mondo «altro». Le origini di questo pensare sono, paradossalmente, anche nelle immagini «non dipinte da mano d’uomo», cioè veli della Veronica o sindoni, che tanta importanza ebbero nei primi mille anni della nostra era. Se lo stesso Dio lasciava immagini di sé, perché non imitarlo? Conseguenza diretta di altra e ben più profonda considerazione: se lo stesso Dio si è reso visibile assumendo un vero corpo, perché non perpetuare la sua memoria e rinvigorire l’attesa del suo ritorno attraverso la pittura della sua immagine?
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